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Calcio - L'importanza della messa in
azione in atleti evoluti (prima parte)


di Simone Fugalli*

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    Il calcio, come tutti ci accorgiamo, è in continua evoluzione e, come tale, diventa esigente curare ogni minimo particolare, tanto da ottenere non solo progressivi step di miglioramento ma anche la riduzione dei rischi d'infortuni.
Al tal fine, prima di effettuare una competizione o una "semplice" seduta di allenamento, si ritiene opportuno svolgere determinati movimenti fisici tentando di portare tutte le funzioni organiche dallo stato di riposo ad un elevato livello funzionale, per essere così più preparati alle esigenze dell'attività sportiva.
Infatti è opportuno che già al fischio d'inizio i giocatori siano pronti ad eseguire una qualsiasi azione alla massima intensità (ad esempio: uno sprint e/o un tiro) perché potrebbe anche essere determinante. L'ideazione di un riscaldamento deve andare a ritroso, partendo dalla considerazione che la struttura del giocatore stesso deve essere preparata a questa sollecitazione. Perciò prima di effettuare uno sprint o un tiro è necessario che questi movimenti vengano eseguiti prima nel riscaldamento ad intensità crescente.

Il riscaldamento deve avere un effetto di attivazione per tutte le attività successive, quindi deve essere sempre un processo diretto a migliorare la capacità di prestazione e di sforzo; qualsiasi modello di comportamento diventato abituale andrebbe analizzato per vedere quanto sia razionale ed eventualmente modificato.
La messa in azione deve essere considerata come il momento più importate dell'intera prestazione e non come una banale fase preparatoria, sensibilizzando l'atleta a compiere quanto richiestogli per evitare di incombere in probabili infortuni o avere inizialmente un rendimento non ottimale.


Il Riscaldamento funzionale
Attraverso il riscaldamento si provocano una serie di processi di aggiustamenti sia dei sistemi di produzione e di distribuzione d'energia (metabolismo, sistemi cardiocircolatorio) che del sistema nervoso centrale.
Fondamentalmente le esigenze alle quali deve rispondere il riscaldamento sono queste:

  • adattare allo sforzo l'attività del sistema cardiocircolatorio e della respirazione (aumento della circolazione del sangue, della capacità di consumo di ossigeno, diminuzione della resistenza al flusso ematico, economizzazione della respirazione);
  • sintonizzazione tra attività e metabolismo muscolare (aumento della temperatura muscolare e del metabolismo energetico, diminuzione della resistenza elastica e viscosa);
  • regolazione dei processi di controllo nervoso (aumento della velocità di conduzione nervosa e della sensibilità dei sistemi dei recettori e quindi della capacità di contrazione e di rilassamento dei muscoli, miglioramento del tono muscolare);
  • miglioramento della disponibilità funzionale dell'apparato motorio passivo (lo strato cartilagineo delle superfici articolari s'ispessisce, per cui le forze che agiscono su di esse vengono distribuite su una superficie maggiore di applicazione e quindi diminuisce la pressione per cm quadrato di superficie articolare) (cfr. De Marées 1979);
  • creazione di presupposti psichici ottimali (diminuzione delle reazioni psichiche che inibiscono la prestazione, come l'ansia pre-gara, l'apatia).

Tutto ciò viene fatto allo scopo di:

  • impedire traumi muscolari, ai tendini ed ai legamenti;
  • sfruttare meglio le capacità condizionali;
  • riuscire ad utilizzare adeguatamente le capacità coordinative;
  • aumentare la disponibilità psicofisica alla prestazione.

L'obiettivo finale rimane, come già precisato in precedenza, quello di raggiungere un aumento della disponibilità funzionale di tutti i sistemi di organi e della psiche.
Questo quadro riassuntivo mette in evidenza che il riscaldamento è sempre un processo attivo di aggiustamento. Nessuno dei metodi di carattere passivo come, ad esempio, l'utilizzazione di pomate e di massaggi potrebbe produrre gli stessi effetti. Soprattutto con l'uso di pomate per frizioni non si raggiungono gli scopi del riscaldamento, malgrado le promesse pubblicitarie si ostinino nel proporle.

Stretching sì, stretching no
Rimanendo sempre nel discorso dei metodi a carattere passivo, lo stretching è molto utilizzato nella fase del riscaldamento, ma ha un effettiva validità?
Secondo Rob Herbert dell'Università di Sydney "scaldare i muscoli con lo stretching passivo prima di qualsiasi attività sportiva potrebbe essere una perdita di tempo, perché non serve a prevenire gli stiramenti e a ridurre i dolori. E' solo una delle nostre credenze infondate riguardo come prevenire la ferite e migliorare le prestazioni".

Piero Mognoni, fisiologo e specialista in medicina dello Sport dell'istituto di Tecnologie Mediche avanzate del CNR, in un articolo dal titolo "Stretching e prevenzione per gli arti inferiori" afferma:
"Ci rendiamo conto che questa è una brutta notizia per quanti vi hanno fatto affidamento. Tra il 1987 e il 1998, molti studi dimostrano l'inutilità dello stretching per la prevenzione degli infortuni. All'ultimo e più interessante studio, hanno partecipato 1538 individui tra i 17 e i 35 anni, divisi in maniera casuale in due gruppi. Un gruppo, dopo il riscaldamento e prima dell'allenamento, faceva stretching passivo in sei distretti muscolari diversi, il secondo gruppo eseguiva il semplice riscaldamento. Nessuna differenza è stata notata tra il gruppo che eseguiva stretching e quello che non utilizzava tale tecnica di allungamento muscolare. Tuttavia i soggetti che ottenevano i migliori risultati in un test di corsa a navetta avevano un rischio significativamente inferiore. La ovvia conclusione è che un buon allenamento di base sembra essere più efficace nella riduzione degli infortuni del mitico stretching".

Facendo riferimento a quanto detto sopra, per noi l'uso dello stretching ha quale obiettivo primario lo sviluppo od il mantenimento della mobilità articolare. Difatti, dagli studi di Micheal Zito, risulta che la pratica di esercizi dinamici, nei quali con la contrazione dei muscoli agonisti e con il rilassamento riflesso degli antagonisti si ricerca la massima ampiezza articolare, può provocare negli atleti variazioni croniche della lunghezza del muscolo molto maggiori rispetto alla sola pratica degli esercizi passivi.
E' possibile inoltre affermare, sempre riguardo a questo proposito, che, durante il riscaldamento, l'attività di flessibilità dinamica può risultare protettiva per quanto riguarda i pericoli di traumi a carico del tessuto connettivo (M. Zito, 1999), tanto più se gli esercizi scelti nelle ultime fasi sono orientati, nella forma, verso la gestualità specifica che sarà realizzata nel prosieguo della seduta o della gara.



Seconda parte                                                       Sommario
*Settore Tecnico F.I.G.C. - Corso Centrale Preparatori Atletici 2004
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