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Sociologia e sport, il periodo
Tradizionale del calcio (quinta parte)


dott. Edoardo Busala*



La partita di calcio
Si è iniziato a dare un'importanza sociale maggiore a questo sport dal momento in cui la partita domenicale ha cominciato ad acquistare sempre maggiori risvolti religiosi, svuotando le chiese e riempiendo gli stadi.
I ritrovi domenicali, istituiti per l'affermazione di ideali comuni e l'identità di un gruppo, si stavano spostando dalle chiese allo stadio. Le persone erano spinte a riunirsi in tribuna, per poter affermare la loro figura come parte di una comunità. Lo stadio, pur essendo uno spazio in cui si mobilità il consenso, rappresenta anche un luogo di affermazione, se non addirittura di presa di coscienza, delle contrapposizioni sociali. La festa che si ripete negli stadi ogni domenica, è vista come una liturgia laica che permette a chi vi partecipa di trasgredire le regole generalmente imposte dalla routinizzazione della società e, come notava Elias, anche di lasciare liberi i propri freni inibitori.
Radunarsi insieme in uno stadio, similmente a ciò che accade in una chiesa, significa dimenticare la propria individualità, mettere da parte il ruolo sociale ricoperto nella vita fuori di non loisir, per trasformarsi in una persona diversa, membro di una comunità diversa. Un simile comportamento permette agli individui di ritrovare nelle feste e negli incontri, quelle caratteristiche che nelle società primitive permettevano, indossando maschere o abbigliamenti particolari, di cancellare l'identità di ciascuno e dando la possibilità di potersi affermare in un gruppo privo di gerarchizzazione.
Il ritrovarsi in cerimonie, secondo Durkheim1, consente infatti la continuazione di una coscienza collettiva, "confermare a se stessi ed agli altri che facciamo parte di uno stesso gruppo", nell'affermare e ricordare il predominio del gruppo sull'individuo. È con l'occasione di "queste azioni comuni", che "la società […] prende coscienza di se stessa", fornisce la voglia di intraprendere un cammino comune all'insegna di uno stesso ideale.

Negli studi sociologici, l'importanza sociale che sport come il calcio stanno a rappresentare rischia oggi, non tanto a malincuore, di sparire. I lavori di Durkeim o dei neofunzionalisti, incentrati su ordine sociale e continuità politica, sottolineano come la vita moderna tenda a dividere la comunità. Industrializzazione, urbanizzazione, rapidità sociale e mobilità geografica, la più complessa divisione del lavoro, sono fattori che stanno contribuendo alla sua corrosione. Il calcio contrappone a questo la sua capacità di riparare ai danni causati dai cambiamenti della società moderna e dallo sviluppo della presenza di individui.

Durkheim distingueva due modelli di solidarietà sociale. Due forme di solidarietà positiva, una derivante dalle uniformità e l'altra dalla divisione del lavoro. La solidarietà meccanica vincola direttamente l'individuo alla società senza intermediari; nella seconda è l'individuo a dipendere dalla società per la sua unione con le parti che la compongono.
Nella moderna società, la più complessa, prevale "l'organico" della solidarietà; nella piccola e tradizionale comunità esiste una relativa fissità e un'indifferente solidarietà "meccanica". Fondare un club di calcio, associazioni di tifosi, costituire delle regole, aiuta ad opporsi agli effetti dell'atomizzazione e dell'alienazione che alterano gli individui all'interno delle grandi ed impersonali città della società moderna.

I partecipanti al gioco del calcio, siano essi giocatori o tifosi, sono integrati nel grande sistema sociale; grazie alla possibilità che hanno di incontrarsi e di interagire, con persone appartenenti ad altre squadre, altre città. Citando Escobar2: "i club aiutano a promuovere profonde forme di una comune identità o solidarietà, sia del luogo civico e sia sul piano nazionale". Potrebbe sembrare così, che i club delle città di calcio, con la loro complessa divisione del lavoro, siano chiari esempi della solidarietà "organica" di Durkheim. Ma con un uso più complesso del suo studio, possiamo intravedere la forte connessione dei tanti club con il più tradizionale modello meccanicistico. Ogni club riportando il nome simbolico di una località, instaura una specie di legame affettivo con quella specifica località, sentenziando così un certo campanilismo. La scelta di colori sociali, simboli, vessilli, stemmi, consente la sensazione di sentirsi soldato di questa o quella fazione, di questo o di quel feudo.

Si riscontra nella partita di calcio un'affermazione ed una attualizzazione periodica della continuità di una coscienza collettiva, difficilmente riscontrabili in ambiti apparentemente similari. Le caratteristiche peculiari del calcio, mettendo in relazione il "noi" con "gli altri", consentono la comunicazione in altri ambiti difficile da riscontrare, del singolare con l'universale; ed inoltre permettono ad un gruppo di celebrarsi rappresentandosi in una curva di uno stadio. Ogni settore di questo, forma un terreno in cui è radicata una coscienza d'appartenenza comune che, più che dissolversi, si esprime nel fermento collettivo del tifo rumoroso. Il fortissimo senso di appartenenza che scaturisce da uno spettacolo calcistico riesce a coinvolgere alcune volte l'intera comunità, un'intera cittadinanza, anche chi normalmente vive fuori da un qualsiasi coinvolgimento, soprattutto in occasione di grandi eventi, grandi vittorie oppure per lo scontro con fazioni tradizionalmente rivali. Chi assiste ad una partita di calcio è conscio di partecipare ad uno spettacolo sociale, in cui un'intera città si mette in mostra ed ha le sue rivincite.

Molti sport oggi praticati, con lo stesso regolamento, la stessa gestualità in tutto il mondo, hanno origine in Inghilterra, da dove, tra la seconda metà dell'Ottocento e la prima del Novecento, si diffusero successivamente negli altri paesi favoriti dalle conquiste coloniali del Regno Unito. Il calcio era uno di questi, insieme alla corsa dei cavalli, la lotta, il pugilato, il tennis e l'atletica; ma nessuno di questi altri sport fu altrettanto ampiamente e rapidamente adottato e assimilato dagli altri paesi come proprio, quanto il calcio.

Nel 1936 un commentatore tedesco scriveva:"Com'è noto, l'Inghilterra fu la culla e la madre premurosa del calcio […]. Termini tecnici inglesi relativi a questo campo di attività sembrano poter diventare patrimonio comune di tutte le nazioni, nello stesso modo in cui si sono diffusi i termini tecnici italiani per la musica. È probabilmente un fatto raro che un pezzo di cultura si trasferisca, con così pochi cambiamenti, da un paese all'altro"3.

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*Sociologo e mediatore sportivo

NOTE
1) Durkheim E., La Divisione del Lavoro Sociale, Edizioni di Comunità, Torino, 1999, p. 45-46.
2) Escobar, cit in Giulianotti R., Football: A sociology of the global game, Blackwell Publishers, Oxford., 1999.
3) Elias N.,Dunning E., Sport e Aggressività, il Mulino, Bologna, 1989, p. 159
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