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Il finanziamento dello sport in Italia

dott. Aldo Rovagnati




    Storicamente lo sport non è stato considerato come un investimento culturale per il nostro Paese ed anzi, a partire dal dopoguerra, con la soppressione di ogni contributo economico statale di tipo ordinario a favore delle attività sportive e la successiva nazionalizzazione dei concorsi a pronostici, lo sport non solo non ha ricevuto contributi ordinari dallo Stato, ma anzi ha contribuito in modo significativo al gettito fiscale.

Nel modello italiano, quindi, assume un ruolo centrale il Comitato Olimpico Nazionale (CONI), che distribuisce le risorse finanziarie ed umane alle Federazioni Nazionali e che è a sua volta finanziato dai proventi sui concorsi a pronostici.
Per lungo tempo, il modello di finanziamento adottato è sembrato funzionare bene e garantire il soddisfacimento delle esigenze dello sport italiano. Negli ultimi tempi, la crisi economica del Coni ha però evidenziato i limiti del modello italiano, basato sull’andamento dei concorsi a pronostici e quindi su fonti incerte e non prevedibili, se non con stime ed approssimazioni. Non stupisce quindi il fatto che esso si sia dimostrato nel tempo inadeguato a supportare lo sviluppo dell’intero sistema sportivo nazionale.
Il modello adottato, che già di per sé pregiudica un’efficace programmazione ed un’efficiente gestione delle risorse disponibili, limitando di fatto l’esercizio di autonomia gestionale e finanziaria del CONI e, complessivamente, del sistema sportivo italiano, ha poi mostrato tutti i suoi limiti con una importante diminuzione delle entrate, dovuta alla diffusione in tempi recenti di altri giochi a pronostici, come lotterie e SuperEnalotto.
Appare sostanzialmente strano che, nel momento di massima diffusione dello sport in Italia non solo come fenomeno socio-culturale ma anche economico, più stringenti sembrano i problemi di reperimento, gestione ed organizzazione delle risorse investite nelle attività sportive ed in quelle direttamente connesse. Ed anche la riforma dello sport ed i cambiamenti che con essa dovevano realizzarsi non hanno modificato il modello di fondo, ancora eccessivamente centrato sul CONI e quindi fortemente dipendente dal suo risanamento economico. Comunque, le soluzioni prospettate per il rilancio del CONI vanno sostanzialmente in due direzioni:

- l’incremento dell’efficienza, attraverso la riduzione degli sprechi ed il taglio delle spese (come per esempio quelle relative al personale, cui il CONI è pervenuto attraverso prevalentemente incentivi al prepensionamento). Andrebbero però accompagnate soluzioni organizzative più efficienti, in modo che vengano destinate le risorse in misura crescente verso lo sviluppo delle attività sportive e dell’Olimpismo, rendendo gradualmente più indipendenti le Federazioni Nazionali;

- il rilancio dei ricavi, per raggiungere il quale sono state avanzate diverse proposte. Tra queste troviamo il mantenimento dell’attuale modello di finanziamento basato sui proventi dei concorsi a pronostici ma con maggiori livelli di economicità rispetto a quelli finora dimostrati grazie all’aperture alle imprese private, il che potrebbe avvenire o mediante accordi di partnership per la gestione delle attività relative ai concorsi, oppure attraverso la scomposizione delle attività del CONI in aree, ciascuna affidata ad una società di diritto privato a capitale misto a maggioranza statale, una delle quali dovrebbe gestire i concorsi a pronostici.
Una seconda posizione, che raccoglie minore consenso esplicito da parte del CONI ma che molte sue componenti sollecitano, prevede la trasformazione dei contributi statali a carattere straordinario in interventi ordinari; tra gli altri, la Corte dei Conti sembra prospettare questa soluzione che istituzionalizzerebbe la prassi, che ormai va via via consolidandosi, di consistenti trasferimenti dallo Stato.

Ciò che appare chiaramente dal dibattito è l’assoluta mancanza di una strategia di incremento dell’autonomia del CONI dalle fonti di finanziamento statale diretto o indiretto, attraverso una maggiore diversificazione dei ricavi. Sotto questo profilo, il confronto con la situazione di altri Paesi, europei ed extra-europei, potrebbe consentire l’individuazione di nuove fonti di entrata, basate non tanto sul rilancio dei concorsi a pronostici o sui trasferimenti ordinari dallo Stato, ma piuttosto sulla ulteriore valorizzazione delle risorse dello sport italiano, prima tra le quali l’immagine dello sport stesso e in particolar modo dell’Olimpismo, con il ricorso a ben definite politiche di marketing. Tali misure, tuttavia, richiedono competenze organizzative e gestionali che non sono diffusamente presenti o che vengono scarsamente utilizzate.

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