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FITNESS: IL SOGNO DEL CORPO

di Luca Stanchieri

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    Il fitness è soprattutto emozione! E' emozione antica, quanto la nostra civiltà. E' spirito, sogno, fantasia che governa e plasma il corpo, lo rende vitale, bello, armonioso. E' un corpo sano che permette a sua volta alla mente di essere lucida, forte, snella, equilibrata. Il fitness è gioco creativo e produttivo ed è relazione schietta e disinteressata. E' energia armonica che si autoalimenta. Ma, come bene sanno gli psicologi, l'emozione è lo spazio inconscio in cui gli opposti non si distinguono e spesso si toccano, si intrecciano e si scambiano di posto. Avere un corpo bello, sano, armonioso è un'emozione, una spinta che nasce dal sogno e dalla speranza e, che, poi, si rapporta alla realtà, alla concretezza.

L'incontro fra fantasia e concretezza non è affatto scontato. E concreto è l'ambiente che ruota, invade, permea il mondo del fitness, alimenta i sogni, ma a volte li trasforma in incubi. Alcuni Bodybuilders erano gli unici che prima rischiavano la vita con steroidi e diuretici, distruggendo le origini nobili e artistiche di questo sport; oggi le cronache riportano sempre più spesso la morte di giovani donne grazie a medici compiacenti e farmacisti che nulla hanno da invidiare ai pusher della zona.
Il fitness è autogoverno dei propri sogni, pensieri e corpi; ma quando diventa alieno da sé, quando la bellezza del proprio corpo trascende e nega il corpo stesso, nella sua unicità, per emulare modelli che sono altro da noi (dai campioni di culturismo alle veline televisive), l'autogoverno è annientato in favore di una dipendenza dal farmaco, dal miracolo di turno. Dipendenza da modelli, dottori, farmaci, programmi alieni, integratori, musiche assordanti, specchi terrificanti; ma soprattutto dipendenza dal giudizio altrui. L'emozione di piacersi si trasforma e si subordina all'emozione di piacere, secondo fantasie alimentate da modelli estranei alla propria individualità. E se il proprio corpo si ribella, è bene sacrificarlo, violentarlo con farmaci, diete, sacrifici psicofisici, fino ad annientarlo. Ma perché una così forte e bella emozione arriva a trasformasi nel suo contrario? Perché la ricerca della salute e della bellezza si trasforma in un incubo? Ma soprattutto, come questa emozione può essere coltivata, alimentata e resa armonica con il suo fine ultimo? Come godere della soddisfazione delle proprie fatiche, della propria concentrazione e anche dei propri sacrifici? Le risposte a queste domande sono complesse, varrebbe la pena rifletterci su nei prossimi anni. Queste problematiche implicano una rivoluzione culturale nel mondo del fitness.

Il fitness oggi è un enorme mercato, con una vastissima domanda, eppure spesso il centro fitness fa fatica a arrivare con un bilancio attivo a fine mese. Si parla di una media nazionale di turn over del 40/50% dei clienti nelle palestre. Ed è esperienza comune vedere scomparire il cliente senza che si sia levata una sua critica, una sua opinione, un sentore della sua decisione. Il cliente se ne va e basta.
L'impresa fitness nasce come risposta a esigenze ed emozioni di miglioramento, sviluppo, bellezza, divertimento, spensieratezza. Il fitness ha avuto un grande merito storico: rendere lo sport alla portata di tutti!! Ma nel tempo, la domanda è cresciuta, cambiata, si è trasformata. E le esigenze di un tempo non sono più le stesse. Frequento le palestre da 22 anni: da quelle di scantinati umidi e sporchi ai centri patinati con 4 piscine. Nell'insieme ho rilevato che la palestra tipo non cerca più di rispondere alle domande della clientela: cerca di anticiparle. Stressato dalla concorrenza, il mondo del fitness sforna un'iniziativa al mese, ed ogni moda non dura più di una stagione. Questa che potrebbe essere una ricchezza straordinaria innovativa e ingegnosa, si trasforma in una povertà terribile, perché viene prima della domanda del cliente e non posta al suo servizio, se non nominalmente.

Il referente non è più il cliente, ma la palestra concorrente a cui sottrarre fette di mercato. E' in questo contesto di grande cambiamento che nasce la figura di Personal Coach, le cui basi vengono dalla psicologia dello sport, e dalla scienza della performance. E' una figura che nasce in collaborazione con i trainer e gli specialisti del fitness, non mira a sostituirne le competenze ma a valorizzarle, apprendendo da esse.
Per il personal coach l'analisi della domanda è l'avvio del processo di relazione con il cliente, il fulcro attraverso il quale ruota tutto. Analizzare la domanda significa condividere le fantasie emozionali del cliente, aderire alle sue simbolizzazioni affettive, entrare in sintonia con le sue problematiche e i suoi punti di forza, scovare le sue contraddizioni e le sue potenzialità.

Il principale compito di un coach è trasformare le emozioni in obiettivi; obiettivi scelti, elaborati, analizzati, fissati dal cliente sulla base delle sollecitazioni del suo personal coach. Obiettivi di sviluppo, alimentari, di stile di vita, di allenamento, di comportamento, che prefigurano il futuro, lo preparano, lo costruiscono nel presente. Obiettivi realistici, perché fondati dal cliente, ma anche sfidanti, quindi ulteriormente emozionanti, attraenti, evocanti un senso di benessere e di bellezza straordinario. E' così possibile scoprire che un giovane, che solleva 30 Kg su panca si ponga come obiettivo annuale il sollevamento di 100 Kg o che una giovane donna si proponga di dimagrire dieci chili in due settimane. In questo caso quelle simbolizzazioni affettive indicano che si è intrapresa una strada che nulla a che vedere con il fitness, con la salute e la cura di sé. Una strada perdente e pericolosa che il coach però può individuare e rendere consapevole al cliente. Il quale è il primo e ultimo responsabile delle sue scelte.

Analizzare ed elaborare gli obiettivi del cliente non significa adattarsi a visioni oniriche (come sarebbe bello dimagrire un chilo al giorno), che poste nel concreto divengono incubi, fallimenti, insoddisfazioni. In questo caso, qualora il cliente non voglia rivederli, è meglio perderlo subito perché il nostro è un contratto finalizzato ad un prodotto, il fitness, e non la distruzione di sé. Al contrario è molto importante analizzare, richiamare, far elaborare obiettivi ideali e farli diventare gli ispiratori di obiettivi sfidanti, realistici a lungo termine (perlomeno un anno). Una volta stabiliti questi obiettivi vanno declinati nel breve termine (oggi, domani, le prossime settimane). Gli obiettivi a breve termine sono fondamentali perché consentono di verificare i miglioramenti immediati. Ogni miglioramento, anche il più minuto va monitorato, evidenziato dal coach in modo che il cliente ne prenda coscienza. Questo infatti rafforza la motivazione, l'autostima, la fiducia nelle proprie capacità.
Il cliente vede il proprio corpo rispondere, cambiare, migliorare. Vede il vero miracolo, quello della natura umana, che si realizza. E' molto importante però sapere che gli obiettivi oltre ad essere realistici e sfidanti, debbono anche tendere a essere misurabili. Non basta dire "dimagrirò il più possibile", ma darsi un obiettivo preciso. Non basta dire "voglio essere più forte e più veloce", ma stabilire quanto peso si riuscirà a sollevare su panca e in quanto tempo e a quale velocità si copriranno i tre chilometri in un anno (su questo, come su tutto il resto, la consulenza di un personal trainer potrà essere preziosa). Gli obiettivi inoltre devono essere declinati sempre in positivo: non perdere peso, ma migliorare il proprio stile alimentare; non essere meno brutti, ma scoprire ed esaltare l'unicità della propria bellezza. Infine gli obiettivi si devono scrivere: per monitorarne il raggiungimento, cambiare, incrementarli ecc. Eppure, quanto sono rare le tabelle di allenamento che hanno obiettivi e feedback!

La fase dell'elaborazione degli obiettivi è il primo step di una conversazione di coaching. Quali risorse interiori potrà mettere in campo in cliente? Come potrà sfruttare la competenza degli istruttori, dei servizi offerti dalla palestra, come troverà tempo per mantenere i suoi piani, su chi potrà contare, e, in breve, quale sarà il suo piano d'azione? Chi, come quando e che cosa potrà ostacolarlo nel raggiungimento di questi obiettivi? Domande che servono per sollecitare il pensiero creativo del cliente, responsabilizzarlo, aumentare la sua consapevolezza, esercitare e pianificare il proprio autogoverno. Da questo punto di vista il rapporto con il centro cambia completamente. Non un centro da cui ricavare servizi, ma un centro al servizio delle sue esigenze per centrare gli obiettivi. Certo un lavoro del genere implica tempo e disponibilità, cultura e motivazione.
Ma quanto tempo il cliente passa in palestra annoiandosi o parlando solo di calcio? La conversazione di coaching deve essere calda, agevole, divertente, può essere fatta mentre il cliente si allena sul nastro o fra una serie ed un'altra, o in una seduta di elettrostimolazione o ancora prendendo una bibita dopo la lezione. E come ogni bravo istruttore sa, a volte la cosa più importante che rende un centro il luogo più adatto e confacente al cliente, è la possibilità che questo ha di parlare di sé. Ecco allora che quell'emozione che lo ha spinto ad iscriversi cresce, sana e forte come il corpo a cui è dedicata.



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Luca Stanchieri è consulente di coaching - www.ilcoaching.it

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