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Alle origini del calcio moderno

I giochi con la palla nel Medioevo


di Alessandro Prunesti

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Nell’Inghilterra del tardo Medioevo l’arpasto divenne un gioco molto popolare. Esso conservò la sua carica di violenza specie nello hurling, una delle forme più diffuse di mob football: il “football del popolaccio aveva un’alta carica di violenza e di eccitamento, che aveva provocato numerose proibizioni da parte delle autorità pubbliche” (Papa, A. - Panico, G., 2002, pag. 11).1 Esistevano due diverse versioni dello hurling: lo hurling at goal e lo hurling over country.

Lo hurling at goal veniva praticato “in spazi delimitati tra due squadre composte da un numero variabile da 30 a 50 giocatori che si contendevano, senza esclusione di colpi, il pallone per gettarlo nella porta avversaria” (R. Mandell, 1989, pag. 147).

Lo hurling to the country era invece una “colossale e spesso sanguinosa zuffa in aperta campagna tra i giocatori di due villaggi avversari, per portare il pallone nella meta del villaggio avversario” (R. Mandell, 1989, pag. 147). In questi tipi di giochi la palla, solitamente costruita con un sacco di tela riempito di sughero o con le viscere di un animale, veniva trattata senza alcun controllo e senza alcuna parvenza di dribbling.
Nello stesso periodo, “la Francia e in particolare la Normandia recano traccia di un gioco chiamato Soule” (A. Ghirelli, 1990, pag. 5).2 Anche in questo gioco “forza bruta dei contatti e potenza di calcio erano gli unici requisiti richiesti ai protagonisti nelle furibonde battaglie che si svolgevano, di solito, nei giorni di festività” (A. Ghirelli, 1990, pag. 6).

Le caratteristiche violente di questi giochi, spesso denunciati come forme di pericoloso teppismo, costrinsero le autorità francesi ed inglesi ad imporre delle limitazioni al gioco. Nel 1314 lo hurling venne proibito, in entrambe le sue forme, da re Edoardo II.
Anche a Parigi nel 1397 fu imposto che il gioco della palla fosse praticato solo nelle domeniche per evitare l’originarsi di incidenti, visto che il gioco veniva praticato nelle strade e nelle piazze, ma in altre zone il divieto fu assoluto.

L’intervento con bandi ufficiali da parte delle autorità dimostra come il gioco del pallone fosse divenuto un fenomeno che aveva raggiunto una certa rilevanza nei confronti dell’ordine pubblico. In effetti, già all’epoca le partite richiamavano l’attenzione di folte schiere di spettatori che, posti al riparo dalla furia del contendenti, incoraggiavano i loro giocatori prediletti.

Nel tardo Medioevo tra gli europei “era ampiamente diffusa la pratica di giocare a calcio” (R. Mandell, 1989, pag. 147) sia nelle campagne che nelle piazze di villaggi e città, specie nei giorni di festa, nei quali le pratiche ludiche venivano inserite in una cornice teatrale dove allo spettacolo dello ′scontro giocato′ si aggiungevano le primordiali forme di tifo da parte degli spettatori.
La rapida affermazione di questi giochi nelle società del tempo, la loro diffusione territoriale, e la lenta ma progressiva limitazione della violenza portarono, nel corso degli anni, ad una progressiva tolleranza delle pratiche ludiche da parte delle autorità pubbliche, come sarebbe avvenuto nel 1617 in Inghilterra, quando Giacomo II avrebbe fatto cadere ogni divieto al gioco con la celebre Declaration of sports.

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NOTE

1) R. Denney nota come il football, nella sua primitiva forma inglese, era chiamato Dane’s head (Testa di danese) e si giocava nel decimo ed undicesimo secolo come una gara di calcio tra città. La leggenda dice che la prima palla fu un teschio e solo più tardi una vescica di vacca. In alcuni casi facevano da ′porta′ le città stesse, cosicché una squadra che entrava in un villaggio poteva darsi che avesse spinto la palla per parecchie miglia di strada. Il re Enrico II nel 1554 vietò il gioco ma, continuato a giocare a Dublino anche dopo il bando, il football divenne rispettabile e legale solo dopo che un editto di Giacomo I nel 1617 lo ebbe riammesso. In particolare, cfr. R. Denney, il Football in America. Studio sulla diffusione della cultura, in Roversi, A. – Triani, G., 1995, pag. 175.

2) Pivato nota come la soule fosse una palla o un pallone costruito con diversi materiali a seconda delle diverse regioni, che veniva spinto con i piedi o con i pugni. Lo scopo del gioco era quello di far penetrare il pallone nel campo avversario oppure di fargli raggiungere la meta opposta con qualunque mezzo a disposizione. Sulle caratteristiche dalla soule cfr., in particolare, Pivato, S., l’era dello sport, 1994.
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