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Ansia e Sport

dott. Ivan Zadro*

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    Ormai non c'è più dubbio sul fatto che le emozioni fanno parte integrante dello sport allo stesso modo delle qualità fisiche e tecniche. Sicuramente quella di cui si è più parlato è l'ansia, considerata spesso come un disturbo, un limite, o anche un nemico che si accetta perché non si sa combattere.
L'ansia è necessario metterla in relazione con lo stress, poiché sono numerose le situazioni in cui gli atleti possono essere sottoposti a stimoli stressanti che provocano in loro degli stati d'ansia .

Un processo stressante deriva dalla percezione di uno squilibrio tra le richieste ambientali e capacità di risposta del soggetto, e l'inadeguatezza ad affrontare tali richieste è percepita come potenzialmente pericolosa (Robazza, Bortoli e Gramaccioni 1994).
Per molto tempo gli psicologi hanno considerato questi stanti ansiosi come un aspetto che influenza negativamente la prestazione, e quindi agivano nel tentativo di ridurli. Negli ultimi anni, invece, si è diffusa l'opinione che un moderato livello di ansia possa comportare un giusto grado di attivazione fisiologica, che può, a sua volta, tradursi in uno stimolo energizzante utile per il miglioramento della prestazione.

Spesso, nel considerare le situazioni stressanti cui gli atleti sono sottoposti, si sono confusi, o usati impropriamente, i termini di attivazione ed ansia. Il primo indica esclusivamente l'attivazione dell'organismo, rappresentando una situazione neutra che riflette solamente l'intensità dei cambiamenti del sistema nervoso autonomo. L'ansia, invece, esprime l'interpretazione cognitiva del soggetto che si accompagna ad un elevato grado di attivazione, in presenza anche di uno stato d'animo negativo (cfr. Bortoli, Robazza e Gramaccioni 1994).

Come si può intuire non si può quindi considerare uno di questi due aspetti senza prendere in esame anche l'altro, e tale legame si può meglio comprendere distinguendo l'ansia in cognitiva e somatica. L'ansia cognitiva rappresenta la componente mentale dell'ansia, che può originare da varie valutazioni negative quali la paura del fallimento, la scarsa fiducia nei propri mezzi, ecc. L'ansia somatica, invece, è la componente legata all'attivazione dell'organismo, ed in particolare rappresenta la percezione della risposta fisiologica ad uno stimolo stressante.
In letteratura c'è anche un'altra importante distinzione tra ansia di stato e ansia di tratto. La prima esprime uno stato emozionale transitorio, caratterizzato da vissuti soggettivi negativi di apprensione e tensione, accompagnati da attivazione dell'organismo. La seconda è una caratteristica relativamente stabile, una sorta di predisposizione a reagire a molti stimoli ambientali con un'elevata ansia di stato. Quest'ultima distinzione è stata utile per constatare che generalmente atleti che presentano alti livelli di ansia di tratto evidenziano, nella competizione, maggiore ansia di stato rispetto a quelli con bassa ansia di tratto. Fra i primi autori che cercarono di studiare l'ansia ipotizzandone anche un effetto facilitante, e non solo inibente, ai fini della prestazione furono Grahm Jones e Austin Swain (1994).
Il test utilizzato per i loro rilevamenti fu lo CSAI-2 (Competitive State anxiety Inventory) che misura l'intensità dei sintomi indicatori della presenza di uno stato ansiogeno, quali la tensione (ansia somatica) e preoccupazione (ansia cognitiva). Inoltre misura anche il livello di fiducia in relazione alla competizione (self-confidence). I risultati dei loro studi li portarono ad affermare che non esistono differenze sostanziali tra atleti di vertice e atleti mediocri in termini di ansia, ciò che li differenzia è invece l'interpretazione di questi sintomi ansiogeni: gli atleti di vertice li considerano più facilitanti di quanto non facciano gli atleti mediocri ai fini della performance. Questi autori affermano, inoltre, che questa interpretazione positiva dell'ansia è correlata ad una maggior fiducia in se stessi e nei propri mezzi (self-confidence); chi invece presenta scarsa autostima tende a riportare alti livelli di ansia in relazione alla competizione.

Quindi le due parole chiave che ci permettono di comprendere meglio la dimensione dell'ansia sono il livello di attivazione e l'autostima di un individuo.
La prima si ottiene, senza entrare nello specifico di questo argomento, attraverso una ristrutturazione cognitiva piuttosto che ad un rilassamento che rischierebbe di abbassare eccessivamente il livello di attivazione; naturalmente, se quest'ultimo si è dimostrato essere ugualmente troppo elevato, le tecniche di ristrutturazione cognitiva vanno associate a quelle di rilassamento.
Acquisizione e miglioramento dell'autostima, invece, è un processo che deve avvenire sin dai primi approcci sportivi del ragazzo da parte dell'allenatore, attraverso stimoli verbali che infondano fiducia e che permettano di percepire l'errore come un passaggio obbligato per il raggiungimento dell'obiettivo che allenatore ed atleta si sono posti.


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*Diplomato ISEF
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