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Criteri metodologici per un’analisi
quantitativa del settore sportivo


di Lorenzo Gallotti

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L’analisi quantitativa del mondo sportivo può essere condotta secondo alcuni criteri metodologici specifici. Ne ricordiamo alcuni: le attività di servizio devono godere di pari dignità rispetto al mondo della produzione; i dati devono essere pertinenti e convincenti; non servono necessariamente cifre precise ma sono sufficienti validi ordini di grandezza; il paragone tra mondo sportivo e settori produttivi attribuisce uno spessore inedito ai dati analizzati1.

La pari dignità tra mondo dei servizi e settori produttivi
Gli studi di economia, anche quelli di natura aziendale, hanno sempre privilegiato le imprese manifatturiere, quelle cioè che producono beni tangibili e concreti. Si sono sempre dimostrati distratti nei confronti dei servizi, che per lunghi anni bollarono addirittura con il marchio di “settore residuale”. Con la disinvoltura tipica di chi non vuole ammettere l’errore, stanno cambiando il vocabolario, senza vergognarsene troppo. Ma non si sono convertiti del tutto e qualche remora ancora sussiste. Occorre lottare sul loro stesso terreno, quello dei numeri.
Sosteniamo che l’analisi di un settore di servizi deve esordire con dieci cifre importanti, capaci di cavare il fiato anche alle persone più incredule, persuadendole che siamo di fronte a un settore dalle valenze economiche intense.

La ricerca di dati convincenti
Un dato è convincente se presenta due caratteristiche. Deve anzitutto trasformare le idee raffinate in cifre che ne esprimano i volumi. Ma non basta: occorre che evidenzi una dimensione quantitativa che stia alla base delle strategie competitive del settore in esame. Di fronte a dati con queste connotazioni anche l’aziendalista più prevenuto dovrebbe arrendersi.

Privilegiare gli ordini di grandezza rispetto ai dati statistici esattamente sbagliati
Non intendiamo cadere nella trappola di chi vuole solo le cifre esatte, quelle, per intenderci, con la virgola e tre decimali. Alcune persone che quotidianamente trattano i dati quantitativi privilegiano i dati precisi, rilevati con tutti i sacri crismi della statistica. Sono capaci di informarvi sulla popolazione mondiale sciorinandovi una cifra esatta sino all’ultima unità. Non parliamo poi di chi sforna ciclicamente i dati esattissimi del sistema economico italiano e nella resa dei conti salta fuori immancabilmente un buco di svariati miliardi. È una situazione che dura da anni e si ripete più volte all’anno. Sono i cultori delle cifre che sembrano esatte al centesimo e che invece sono soltanto precisamente sbagliate. Per capire un settore è sufficiente ragionare su ordini di grandezza attendibili.

Il rapporto tra differenti ordini di grandezza
Per compiere una buona analisi di settore servono certo dei dati significativi, capaci di cogliere l’essenza del settore. Ma è anche importante paragonare questi ordini di grandezza con altri contesti perché il confronto aiuta a capire meglio la rilevanza del problema in esame. Ad esempio, a dire che il Cile è una striscia di terra lunga più di 4000 chilometri a prima vista non ci dice molto. Se invece precisiamo che, disposto in orizzontale sulla carta geografica dell’Europa, il Cile va da Lisbona a Mosca, l’informazione ci sorprende di più. Per applicare questo stesso metodo nella nostra analisi, potremmo dire che lo sport e il suo indotto superano il 3% del nostro prodotto interno lordo. Ogni trenta persone, una lavora nello sport.

Un altro paragone, che speriamo non sia offensivo: a metà degli anni novanta il fatturato complessivo dell’Università Cattolica milanese e dell’Università Bocconi, i due capisaldi delle università private di Milano, corrispondeva al fatturato globale del Milan e dell’Inter.

Il presidente di una società di calcio milanese gestisce 500 atleti e conta su un pubblico domenicale di 80.000 persone: è pertanto assimilabile, sia pure solo numericamente parlando, a un Magnifico Rettore che guida 600 professori e 15.000 studenti ogni giorno.

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NOTE
1) Ascani F. “Sport management” ed. Sperling & Kupfer, 1998.

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