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La comunicazione tra
l'allenatore ed i suoi atleti

Dott. Giorgio Ambrosetti

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    La comunicazione tra un allenatore ed i suoi atleti riguarda un ambito relazionale di prima importanza. E' in questo spazio che si colloca la contrattazione tra le due volontà: quella dell’atleta e quella del suo coach. In questo spazio si delinea il profilo di un rapporto che può andare dal totale affidamento alla pregiudiziale sfiducia.
Un allenatore, quando comunica con un atleta, deve sempre ricordare che la sua parola, il suo atteggiamento devono influenzare non solo il gesto tecnico, ma tutto il comportamento, dalla fase di preparazione fino a quella agonistica o amatoriale che sia. Comunicare bene significa insegnare meglio, che determina un maggior apprendimento, e migliorare la relazione, sia a livello individuale sia di gruppo; entrambi gli aspetti favoriscono una migliore prestazione.

Nessun allenatore è istituzionalmente allenato a comunicare bene. La comunicazione è un’abilità e così come le capacità motorie sono allenabili, lo è anche la comunicazione. Così come un giocatore lavora per migliorare la sua tecnica, anche un istruttore può apprendere stili comunicativi più funzionali nella trasmissione di informazioni ai giocatori. Allenando non si finisce mai di apprendere, in quasi tutti i casi il processo di apprendimento non è mai terminato. Un allenatore va ad ascoltare un Clinic anche se sa che può apprendere un solo concetto nuovo. Può capitare di assistere a un Clinic o ad una seduta di allenamento di un collega, anche solo per decidere se si è d’accordo con ciò che viene proposto o meno.

Le diverse funzioni a cui deve assolvere un allenatore sono:

  • il professionista (la professionalità riguarda le idee, i programmi, i progetti);
  • l’insegnante (è la persona che aiuta il giocatore a parlare a livello sportivo);
  • l’educatore (deve trasmettere lezioni di sport e di vita ai giocatori per formare la loro personalità);
  • lo psicologo (deve capire i ragazzi e dare loro gli stimoli giusti per ogni situazione);
  • il genitore (deve saper sostenere quando è necessario ed essere severo quando è indispensabile)
  • l’allenatore (deve saper integrare queste diverse funzioni).

Allenatori non si nasce, si diventa! Molti si trovano a passare da un ruolo di atleta a quello di istruttore per diversi motivi, dove la voglia e la passione per lo sport magari sono le stesse, ma ciò che cambia è il modo di esprimerli.
Comunicare letteralmente significa far comune ad altri, ciò che è nostro, vuol dire trasmettere dei contenuti, condividere. Prima di comunicare è necessario pensare per sapere cosa si vuol comunicare. Quindi le regole per giungere ad una comunicazione efficace, sono essenzialmente: il sapere “cosa” si comunica, a “chi” e “come” lo si fa. Questo vuol dire che prima di trasmettere degli insegnamenti di sport, è importante sapere che idea si ha di quello sport che viene preso in considerazione.

Quando un allenatore insegna una nuova tecnica o un nuovo schema non può prescindere dall’idea di gioco che ha, e di conseguenza la sua metodologia di insegnamento, e dalla sua idea di giocatore, ovvero quale tipo di uomo meglio si adatta alla sua filosofia di gioco. Per una comunicazione efficace è quindi importante conoscere i valori di fondo e le idee che ogni allenatore ha e che tecnicamente si traducono su come funzionano le due identità allenatore-allievo e che determinano il tipo di relazione che si va ad instaurare. I valori antropologici1 ci possono servire per capire quali sono i nostri valori di riferimento, come funzioniamo con gli altri, come sono fatte le persone con cui interagiamo. È importante che ogni allenatore abbia chiari i valori su cui costruisce la squadra, questa chiarezza gli darà sicuramente più stabilità.
Per arrivare ad una comunicazione efficace è importante avere chiari i propri valori, la propria filosofia che permette di fissare e avere ben delineati gli obiettivi da perseguire. È importante, oltre a sapere il compito da svolgere, anche con “chi” si va a svolgerlo e “come”. Il chi richiama il concetto d’identità.

Del "concetto di identità" ne parleremo con il prossimo articolo.


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 NOTE

1) L’antropologia è la scienza che studia l’uomo, l’idea di uomo (chi sono e chi è la persona che ho di fronte): il modello comportamentista ha una visione dell’uomo come di un oggetto. Il soggetto è un registratore che coglie l’oggetto per quello che è; il modello cognitivista, vede l’uomo come soggetto attivo che interagisce con l’oggetto che stimola la sua consapevolezza senza subire alcuna modifica dalla relazione; la conoscenza dipende unicamente dai suoi preconcetti, il soggetto costruisce l’oggetto; il modello strutturale integrato considera l’uomo come un organismo fisico e mentale che condiziona e si lascia condizionare da altri organismi; vi è un’influenza reciproca tra oggetto e soggetto.

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